Alcune settimane fa l’allenatore spagnolo Luis Enrique ha rilasciato una dichiarazione che merita spazio: “Ai genitori dico che è molto più importante lasciare che i loro figli si divertano. Lasciate tranquilli i vostri ragazzi. Non interferite con il ruolo dell’allenatore e non sovraccaricate di attenzioni vostro figlio… se segna gol o se non segna gol. Lasciate che si diverta.
Solo l’1% e anche meno di tutti i bambini in Spagna raggiungerà il livello professionale.
Se l’unico obiettivo che tuo figlio ha e che tu hai per tuo figlio è che sia felice, allora che cresca come persona. All’interno di una squadra di calcio può apprendere quei valori, quegli insegnamenti che si chiamano vita. Si vince e si perde, imparerà a fare l’uno e l’altro. Imparerà a gestire la pressione e la frustrazione. Capirà l’importanza di una squadra e del rapporto coi compagni… perché l’universo non gira solo intorno al tuo ombelico.
Quando finisce la partita non chiedetegli come ha giocato o del risultato. Chiedetegli: ti sei divertito? Hai davvero dato tutto? Ditegli che oggi può andare bene e domani male perché questa è la vita”.
Parole sagge e dense di fair play quelle di Luis Enrique, parole illuminanti, in grado di smuovere qualcosa. Chi conosce il calcio e parla con passione, va ascoltato. Sempre.
Come pure, mi sia concesso, va ripresa la lezione del Giappone che lascia gli spogliatoi più puliti e in ordine di quanto non li abbia trovati. So che recentemente è emerso un confronto piuttosto aspro in merito all’uso degli spogliatoi delle giovanili. È educativo, secondo la mia opinione, seguire l’esempio del Giappone anche da noi, anche da bambini e ragazzi ponendo questi ultimi nelle condizioni di fare un tanto guidandoli e sorvegliando, sempre, ogni attività svolta (in campo e fuori, anche negli spogliatoi) da parte degli allenatori, dei dirigenti e dei volontari disponibili.

Daniele Damele
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